INTRODUZIONE
Il compito quasi impossibile è di non lasciarsi ingannare né dalla potenza degli altri, né dalla propria impotenza
Adorno, Minima Moralia
L’obiettivo dichiarato di Jürgen Habermas, con la sua Teoria dell’agire comunicativo, è “recuperare il vecchio compito della teoria critica della società” [1], “per soddisfare ad un tempo le pretese della vecchia teoria critica e portarla a compimento” [2]. Solo una “svolta paradigmatica verso la teoria della comunicazione” permette, secondo Habermas, di superare il deficit strutturale della vecchia teoria critica e salvare il contenuto di una teoria critica della società, giacché il “programma della prima teoria critica non ha fallito in casi specifici, ma per l’esaurirsi del paradigma stesso della filosofia della coscienza”[3]. Si delinea così la diagnosi impietosa di Habermas che la Dialettica Negativa di Adorno sia da ricondurre “al di qu
a del confine tracciato dal pensiero discorsivo”[4] e che pertanto quest’ultima “paga il prezzo di voltare le spalle al compito della teoria della conoscenza” [5]. La domanda formulata da Helga Gripp per questa via si risponde da sola: “Perché occuparsi ancora della filosofia di Adorno? Non ha forse Habermas con chiarezza indiscutibile proclamato in generale la fine della filosofia, in particolare della filosofia della coscienza e nello specifico della dialettica negativa? Non ha portato inoltre argomenti sufficienti a dimostrare la tesi che solo la svolta della teoria della comunicazione può salvare il contenuto che pure viene posto in essere nel pensiero di Adorno, ma che tuttavia non può essere giustificato restando nella sua filosofia?” [6].
Il mio lavoro si fonda sulla convinzione che il contenuto centrale della filosofia di Adorno non venga salvato dalla svolta comunicativa, quanto piuttosto eliminato. In generale la giustificazione della svolta paradigmatica in Habermas emerge sempre dal ruolo centrale e teoricamente strategico, di accusa di aporeticità contro Adorno. Il riferimento alle aporie, contraddizioni, autoreferenzialità della sua filosofia devono condurre alla assoluta necessità della svolta comunicativa. È altresì vero anche il contrario: se le accuse di aporeticità mosse contro Adorno possono essere inficiate anche solo in parte, la “assoluta necessità” della svolta paradigmatica sostenuta da Habermas viene vista sotto tutt’altra luce.
La critica ad Adorno assume nella Teoria dell’agire comunicativo una posizione decisiva nella misura in cui la sua filosofia non viene integrata e inclusa nello sviluppo teorico, ma al contrario, confinata ed estromessa. La differenza qualitativa della critica di Habermas ad Adorno rispetto a quelle mosse a Weber, Mead, Durkheim e Parsons emerge anche dalla sua collocazione strategica nella Teoria dell’agire comunicativo. Habermas esplicita la sua critica ad Adorno due volte [7]. Alla fine del primo volume della teoria dell’agire comunicativo – nel capitolo “La critica alla ragione strumentale”, la critica ad Adorno funge da legittimazione alla svolta paradigmatica. Succesivamente viene fornita come giustificazione alla sua “critica alla ragione funzionalista” (nel secondo volume). L’analisi delle deficienze alla fine del primo volume conduce Habermas, alla fine del secondo volume, ad esplicitare la sua visione dei “compiti di una teoria critica della società” [8]. Il valore di posizione della critica ad Adorno e la sua collocazione strategica nel sistema della Teoria dell’agire comunicativo sono costitutivi per la giustificazione della svolta paradigmatica: “La teoria dell’agire comunicativo deve offrire un’alternativa alla filosofia della storia divenuta insostenibile e che la teoria critica non ha saputo limitare” [9].
Alle fine, secondo Habermas, il programma della teoria critica è fallito a causa della parzialità del suo modello paradigmatico e dei “colli di bottiglia” della “filosofia del soggetto”, ovvero, della “filosofia della coscienza” e della “filosofia della storia”. Nessuna di queste etichette, questa la tesi della seguente ricerca, può tuttavia essere attribuita al pensiero di Adorno. Quest’ultimo si oppone, piuttosto, ad ogni sussunzione sotto un “prima paradigma”. La critica ad Adorno di Habermas si basa, come cercheremo di dimostrare, su una lettura teorico-strategica riduttivistica e segue sempre lo stesso intreccio di base: la “Teoria della comunicazione”, la cui necessità cogente deve ancora essere dimostrata, viene presupposta come sistema di riferimento dell’interpretazione. In ciò consiste, come cercheremo di dimostrare, la petitio principi della critica a Adorno di Habermas. Se la contraddizione dialettica di Adorno, da cui dipende la rappresentazione antinomica e paradossale della sua filosofia, non va interpreta con Habermas come aporia insostenibile, la critica alla società di Adorno si dimostra ancora un contributo irrinunciabile alla critica alla società attuale. Il contenuto materiale dell’utopia della riconciliazione (Versöhnungsutopie) che costituisce il fondamento normativo della teoria critica di Adorno, non trasla al concetto formale dell’intesa comunicativa. Una teoria critica della società, questa la tesi del nostro scritto, non può rinunciare allo strumento negativo-utopistico della riconciliazione e della felicità. Dunque, questo vuol dire che non può essere concepita solo come intesa (Verständigung).
Per non porre in maniera posticcia questa tesi fuori dalle argomentazioni di Habermas muoverò in un primo momento dall’autocomprensione dell’autore, ovvero, dalla giustificazione che lo stesso dà della svolta paradigmatica dalla filosofia della conoscenza alla teoria della comunicazione, a suo dire solutamente necessaria alla fondazione di una teoria critica (Capitolo 1). In un secondo momento verificherò invece se la giustificazione della svolta paradigmatica interna alla teoria critica venga legittimata dal potenziale della teoria critica stessa, oppure non sia piuttosto dovuta ad una lettura riduzionistica operata da Habermas ai danni di quest’ultima. L’obiezione sollevata da quest’ultimo contro Adorno verrà vagliata punto per punto, in modo da dimostrare, che essa da più informazioni sulla poca dimestichezza di Habermas con il pensare dialettico, che su aporie effettive nel pensiero di Adorno (Capitolo 2). In un terzo momento si dovranno chiarire quali costi ha pagato la teoria critica della società a causa della svolta paradigmatica alla teoria comunicativa propugnata in modo radicale (terzo capitolo). Nelle conclusioni per ultimo verrà mostrato come considerazione finale l’incompatibilità di principio la teoria dell’agire comunicativo di Habermas e la teoria dialettica della società di Adorno.
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Note
[1] Jürgen Habermas, TkH I, p. 518.
[2] Jürgen Habermas, NU, p. 185.
[3] Jürgen Habermas, TkH I, p. 518.
[4] Ibid., p. 516
[5] Ibid.
[6] Helga Gripp. Theodor W. Adorno, Erkentnisdimensionen negativer Dialektik, München, Wien, Zürich 1986, p. 11.
[7] Per uno sguardo istruttivo al valore di posizione della critica ad Adorno nella Teoria dell’agire comunicativo, ringrazio il libro di Stefan Breuer, Aspekte totaler Vergesellschaftung, Freiburg 1985, p. 55 e il libro di Fridhelm Lövenich, Paradigmenwechsel. Über die Dialektik der Auklä rung in der revidierten Kritischen Theorie, Würzburg 1990, p. 34.
[8] Jürgen Habermas, TkH II, p. 548 e segg.
[9] Ibid., p. 583
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